venerdì 31 gennaio 2014


Quanti sono i confuciani?                                               Gennaio 2014

Questa è una domanda frequente, a cui non è facile rispondere. Io di solito a chi me la fa rispondo che non si sa. Dico anche al mio interlocutore che quando si imbatte in una cifra – e ce ne sono spesso nei libri o giornali quando parlano di statistiche delle religioni – non la prenda sul serio, ci faccia su una risata.
Il fatto è che non c’è un criterio chiaro per contare i confuciani, non ci sono registri di battesimo. Se uno poi si azzarda a fare un field work, presenterà poi la conclusione che i confuciani sono pochissimi. Infatti se voi andate in giro a chiedere ai cinesi se sono confuciani o no, il 99,9 per cento vi diranno di no. Perché effettivamente non si sono mai posti la domanda e non considerano in confucianesimo una religione o una ideologia, ma semplicemente una serie di insegnamenti ovvi e ragionevoli che ogni essere umano dovrebbe fare suoi.
Oggi ho visto un articolo di una ricercatrice americana, una certa Anna Sun, dove dibatte i criteri per vagliare chi sia confuciano o meno. Secondo lei si possono stabilire tre criteri a livello diverso. Il primo sarebbe di vedere quali e quante persone partecipano ai riti commemorativi in onore di Confucio che si tengono nel tempio di Confucio una volta all’anno (minimo) in autunno. Da questo risulterebbe una cifra molto ridotta, perché i riti del genetliaco di Confucio, già soppressi dal regime maoista e ripresi regolarmente da pochi anni, sono seguiti da poche persone, per varie ragioni.
Un altro criterio, forse più valido, è di calcolare quante persone partecipano ai suddetti riti per Confucio e/o ai riti per gli antenati (vicino alle tombe o in altri modi a seconda delle zone). Qui la cifra risulta sicuramente molto più consistente, e il discorso (l’analisi dei numeri) diventa più complesso.
Un terzo criterio sarebbe quello culturale: cioè catalogare come confuciani tutti coloro che valorizzano gli insegnamenti di Confucio e si sforzano di attualizzarli nella loro vita. Anche qui il discorso diventa complesso, ma molto più vasto.
Il mio punto qui non era di trovare la risposta esatta al quesito iniziale quanto piuttosto di mettere in evidenza che attualmente ci sono degli studiosi che affrontano questo problema. Anna Sun è un bell’esempio.

lunedì 23 dicembre 2013



2013-12-23             Il MESE CONFUCIANO

Da diversi mesi, per via degli impegni scolastici e di varie altre cose, non sto aggiungendo niente al mio sito. Per questo ho ormai deciso di smettere la rubrica che stavo regolarmente postando La Settimana Confuciana. Al suo posto avvio invece un'altra rubrica che chiamo Il mese Confuciano, sperando così di riuscire almeno una volta al mese ad arricchire questo sito con qualche contributo, piccolo o grande che sia.
 
Quando le circostanze me lo permettono, lavoro su Mencio. Attualmente mi affascina un suo detto, che si trova nel capitolo Li Lou, seconda parte:
 
Mencio disse: "Se Xi Shi, così famosa per la sua bellezza, fosse tutta coperta di sporcizia, la gente nel passarle accanto si coprirebbe il naso per proteggersi dalla puzza. Ma se un uomo brutto (o cattivo) si mette a digiunare e si pulisce per bene, diventa adatto ad offrire sacrifici a Dio." (4B25)
 
Xi Shi è una delle quattro donne fatali dell'antichità cinese. Un detto cinese (xi shi chen yu) vuole che Xi Shi fosse talmente bella che quando passeggiava in riva a un lago, i pesci al vederla dimenticavano di nuotare e andavano a fondo.
Il detto di Mencio sorprende per il suo riferimento ai sacrifici. Le pagine di Mencio si occupano sempre di politica-etica; invece qui si apre uno spiraglio sulla vita religiosa dei suoi tempi. Il detto di Mencio viene interpretato dagli esegeti in due maniere diverse, tutto per via dell'aggettivo che significa vuoi brutto che cattivo. Appena possibile metterò giù un articolo cercando di accertarne ed approfondirne il significato.

sabato 24 agosto 2013


La Settimana confuciana                              24 agosto 2013

 
Jinxin

 L’ultimo dei sette libri del Mengzi s’intitola Jinxin (盡心).

Jinxin e’ anche una parola chiave del pensiero di Mencio. Ultimamente sono riuscito a capire bene che cosa significa.

Jinxin si puo’ tradurre con “approfondire al massimo la mente-cuore”. Ma non si deve intendere come un lavoro intellettuale filosofico di conoscenza teorica. Qualche volta io l’ho tradotto con “sviluppare al massimo”, che e’ piu’ concreto.

Si comprende meglio l’idea di che s’intenda con “approfondire al massimo” o “sviluppare al massimo” se si accosta a un altro concetto base di Mencio che e’ quello di estendere (tui ) la mente-cuore.

Nella visione di Mencio la coltivazione morale e’ un lavoro di una vita per trasformare il proprio io: la mente ha gli impulsi al bene, li scopre e li estende il piu’ possibile a tutti i momenti e le espressioni della vita quotidiana. E cosi’ la persona ne viene trasformata. Quello che viene trasformato non e’ semplicemente lo xin (mente-cuore), ma anche e soprattutto il corpo, che e’ quello che realizza in pratica le trasformazioni della mente. Il corpo a sua volta non e’ mai visto isolato, ma legato alla famiglia, la famiglia alla societa’ e la societa’ di uno stato a tutto il mondo.

Ecco allora che in proiezione discendente jinxin indica tutto il processo di automiglioramente dal cuore al corpo alla societa’ e a tutta l’umanita’. L’automiglioramento e’ un processo psicologico individuale, ma con una proiezione esteriore di ordine politico.

Tenere poi presente che la mente-cuore e’ il luogo dove si manifesta la natura tendente al bene, cioe’ i quattro germogli. La quale natura a sua volta proviene dal Cielo, e’ un dono del Cielo. Quindi in proiezione ascendente jinxin fa pensare alla natura umana tendente al bene e in ultima analisi al Cielo dal quale la natura proviene.

Ecco allora la trafila completa:
 
Cielo (tian) – natura (xing) – mente-cuore (xin) – corpo (shen) – famiglia (jia) – stato (guo) – mondo (tianxia)
 
In un’espressione come jinxin e’ compresa tutta la dottrina etica e antropologica di Mencio.

venerdì 16 agosto 2013


La Settimana confuciana                      15 agosto 2013

 

Du Weiming (2)

        Qualche settimana fa ho gia’ presentato brevemente Du Weiming – il piu’ noto dei nuovi confuciani odierni -. Si puo’ trovare una presentazione piu’ dettagliata del personaggio e delle sue idee nel mio libro sui Nuovi Confuciani. Vedere il sito:


Ma le informazioni del mio libro risalgono a una decina di anni fa. Interessa forse sapere quali sono le sue idee attuali. Le ho trovate in un’intervista che Du Weiming ha rilasciato al Financial Times di Londra il 28 gennaio 2013.

Du Weiming attualmente vive a Beijing, e per forza deve avere trovato un modus vivendi nei confronti del governo. La sua posizione e’ di accettare lo status quo politico cercando di influire dall’interno sulla cultura della nazione. Accenno a un paio delle sue vedute.

Nella sua lunga carriera di propagandista del confucianesimo Du Weiming ha sempre lavorato al dialogo con le altre culture e religioni del mondo. Anche in questo caso lui punta al dialogo. Secondo lui il momento in Cina e’ molto favorevole, preparato da tre ondate di nuove idee che ci sono state in Cina negli ultimi decenni: una e’ stata il diffondersi delle idee del liberalismo (l’ideale di liberta’) avvenuto al seguito e come base della liberalizzazione dell’economia lanciata da Deng Xiaoping. Poi con l’esagerato arricchimento di pochi e la poverta’ estrema di molti, ci fu l’ondata di rilancio degli ideali socialisti (eguaglianza economica), incrementata negli ultimi anni da Hu Jintao con il lancio dell’ideale della societa’ armoniosa (hexie shehui). La terza ondata e’ stata la rinascita del confucianesimo ormai sempre piu’ evidente. La conclusione di Du Weiming e’ che per la Cina di oggi l’ideale e’: per la cultura accettare il confucianesimo, per l’economia seguire il socialismo e per la politica il liberalismo. Attualmente lui lavora non poco al dialogo con il marxismo, che secondo lui e’ un fenomeno mondiale, dato che esiste quello cinese, ma anche quello russo e quello europeo.

Nei confronti dei sostenitori del confucianesimo politico, tipo Jiang Qing, Du Weiming dice di nutrire ammirazione perche’ contribuiscono ad arricchire il pensiero confuciano. Tuttavia li mette in guardia dal divenire una forma di fondamentalismo, perche’ allora sarebbero controproducenti per il futuro del confucianesimo.

Interessante anche la nuova formulazione che Du Weiming ha dato delle tre epoche. Da sempre lui descrive l’evoluzione storica del confucianesimo come suddivisa in tre epoche: il confucianesimo delle origini, il neoconfucianesimo Song-Ming, il nuovo confucianesimo contemporaneo. Ora queste tre epoche le descrive in termini missionari: nella prima epoca il confucianesimo e’ uscito dal piccolo stato di Lu dove era vissuto Confucio ed e’ andato verso gli altri stati della Cina. Nella seconda epoca (Song-Ming) il confucianesimo e’ andato verso i paesi dell’Estremo Oriente. Infine si ha il confucianesimo della terza epoca, quello contemporaneo, che sta andando verso tutto il mondo. Questo sicuramente e’ vero particolarmente per lui, che da decenni non fa che viaggiare da un capo all’altro del globo a parlare del confucianesimo.

venerdì 26 luglio 2013


La Settimana confuciana                                                               25 luglio 2013

                                                   Una scintilla del divino

Senza accorgermi, a causa di viaggi e cose varie, questa volta una settimana e’ diventata un mese.
Il mio interesse predominante e’ sempre quello; di cercare un dialogo fra cristianesimo e confucianesimo.
Una riflessione che sto facendo e’ questa: a prima vista fra confucianesimo e cristianesimo c’e’ totale opposizione. Il cristianesimo e’ basato sull’incarnazione di Cristo. Dio si fa uomo. Nel confucianesimo non c’e’ nulla di tutto questo; nulla che vi si avvicini. Il confucianesimo non accetta mediazioni. L’uomo si deve salvare da se’, con quello che fa.
Ma non bisogna precludere un dialogo gia’ in partenza. La cosa e’ possibile approfondirla. Si puo’ considerare l’incarnazione di Dio che avviene in ogni uomo, non solo in Gesu’ Cristo. Il confucianesimo evidenzia molto la grandezza dell’essere uomo. Ma anche nella bibbia si dice che Dio fece l’uomo a sua immagine e somiglianza. E il salmo 8 non dice anch’esso:”Li hai fatti di poco inferiori agli elohim”? Molte traduzioni rendono con “li hai fatti di poco inferiori agli angeli”, ma il testo originale biblico qui non parlava di angeli, parla di elohim (le divinita’?!).
In questa logica si puo’ argomentare che un po’ di incarnazione l’abbiamo tutti; Cristo e’ un prototipo, e’ il fratello maggiore, la primizia. Questo discorso potrebbe piacere a un confuciano.
Una delle cose notevoli del confucianesimo, che merita di essere approfondita e comparata con il cristianesimo, dato che potrebbe arricchirlo, o meglio far scoprire cose che c’erano nel cristianesimo ma non erano state messe in luce, e’ la conoscenza di Dio raggiunta attraverso la propria coltivazione morale. Basti una citazione da Mencio:
Colui che coltiva al massimo la sua mente e il suo cuore, arriva a conoscere la propria natura. Colui che conosce la propria natura, conosce il Cielo. (7A1)
 

mercoledì 26 giugno 2013


La Settimana confuciana                                        26 giugno 2013
Due sinologi a confronto
 
Da anni è in corso un dibattito di pubblicazioni fra due filosofi francofoni e i loro sostenitori. Si tratta del francese François Jullien e dello svizzero François Billeter, due provetti sinologi. François Jullien nei suoi numerosi libri ha continuato a sostenere l’idea della estrema originalità della cultura cinese. Per lui la Cina è il totalmente altro, e per di più risulta non solo al di là, ma addirittura al di sopra dei nostri orizzonti culturali. Billeter scrive confutando questa teoria e sostenendo che Jullien ha frainteso la cultura cinese, che in realtà non è così diversa, dato che esistono degli universali sociali e filosofici, da cui neanche la Cina può esonerarsi.
La mia opinione è che, come sempre, in medio stat virtus. Da una parte mi alletta la visione della tremenda originalità della cultura cinese, sviluppatasi autonoma al di fuori dei paradigmi occidentali. Guardando la storia della nostra filosofia dal di fuori, e cioè attraverso gli occhiali del pensiero cinese, si è tremendamente avvantaggiati a vedere i limiti e i pregi della nostra cultura. È quindi immensamente meritevole studiare - come auspicato da François Jullien - la cultura cinese. Dall’altra parte ritengo che la singolarità e unicità di questa cultura non debba essere assolutizzata. La ragione principale è che merita credito anche l’assunto (degnità) di Giambattista Vico quando afferma:
È necessario che vi sia nella natura delle cose umane una lingua mentale comune a tutte le nazioni, la quale uniformemente intenda la sostanza delle cose agibili nell’umana vita socievole, e la spieghi con tante diverse modificazioni per quanti diversi aspetti possan aver esse cose. (Scienza Nuova, I, 2, xxii)
In secondo luogo occorre notare che l’isolamento della Cina rispetto all’Europa non è stato mai totale. Rapporti sia pure sporadici dovevano esserci stati già in epoche remote. Fra i reperti del museo di Orvieto ci sono degli specchi di bronzo ritrovati in una tomba etrusca del V secolo av. C. stranamente identici agli specchi cinesi della stessa epoca. Ai tempi dell’Impero Romano, sotto gli Antonini era già in funzione una doppia via della seta (via terra e via mare) con scambi di merci e ovviamente anche di idee.
In seguito la Cina ha subito un’invasione culturale massiccia dall’India (buddismo). La struttura mentale degli indiani non è poi totalmente diversa da quella europea, visto che le lingue indoeuropee hanno tanto in comune. Per non parlare poi di un lungo periodo di interscambio dei cinesi con gli arabi, proprio nei secoli del massimo fulgore della civiltà islamica. In quei secoli il nostro mondo ricevette dagli arabi la bussola, lo zucchero, il riso, la carta, la polvere da sparo, la filosofia aristotelica e tante altre cose, alcune delle quali provenivano dalla Cina. Si può legittimamente supporre che la stessa vivacità di scambi sia avvenuta attraverso la mediazione degli arabi anche nell’altro senso, cioè dall’Europa alla Cina. Viene allora naturale pensare che - come d’altronde avvenne sotto la dinastia Tang per il cristianesimo monastico siriano (cosiddetto nestoriano) - se i cinesi non assorbirono dagli arabi più di tanto, non è perché non sapevano, ma perché non ritenevano tanto importante o valido quanto veniva proposto.

martedì 18 giugno 2013


La Settimana Confuciana                           18 giugno 2013

Du Weiming

Du Weiming (altra grafia: Tu Wei-Ming) è il filosofo confuciano attualmente più in vista nel mondo. È nato a Kunming nel 1940. A 9 anni al seguito della famiglia si è rifugiato a Taiwan, dove ha ricevuto la sua educazione fino all’università (laurea in filosofia presso la Donghai University di Taichung, 1961). Grazie ad una borsa di studio ha poi proseguito gli studi negli Stati Uniti, conseguendo il Ph.D. in filosofia dalla Harvard University (1968).
In seguito Du ha intrapreso la carriera di docente, prima a Princeton e Berkeley, poi (dal 1981) a Harvard, dove ha insegnato fino alla pensione (2010). Negli ultimi tre anni Du Weiming non si è concesso riposo. Ha continuato – sia pure a ritmo un po’ meno serrato – i suoi viaggi di conferenze e di propaganda per le dottrine confuciane in ogni parte del mondo, e si è trasferito come docente di filosofia all’università Beida di Beijing, evidentemente per poter realizzare qualche suo progetto particolare. Infatti ha subito fondato un istituto per gli studi umanistici (IAHS: Institute of Advanced Humanistic Studies), che lui dirige, diviso in quattro settori di ricerca e in contatto con tanti studiosi e centri di ricerca di tutti gli angoli del globo.
Sempre all’interno dell’università Beida a Beijing esiste un altro ente, il WEIB: World Ethics Institute of Beijing. Questo centro è dovuto al rapporto di amicizia esistente da anni fra la Beida e l’università tedesca di Tuebingen. Il 18 aprile 2012 venne inaugurato a Tuebingen (con sede nell’università) il WEIT (World Ethics Institute of Tuebingen). In tale occasione fu invitata a partecipare una delegazione della Beida, con a capo il rettore. In tale circostanza venne deciso di fondare a Beijing un centro gemello similare di studi etici, ed effettivamente venne fondato l'ottobre seguente all’interno della Beida, mettendovi a capo come direttore Du Weiming.
Il teologo svizzero Hans Kueng già nel 1993 al convegno mondiale delle religioni a Chicago (World Parliament of Religions) aveva lanciato il progetto di costruire un’etica che andasse bene per tutte le religioni e le culture (World Ethics), e da allora ha portato avanti questo progetto, trovando nei filosofi confuciani dei ferventi collaboratori.I due centri portano avanti il sogno di Hans Kueng, con la differenza che il centro di Tuebingen s’interessa di etica globale, mentre il centro di Beijing è previsto che si interessi in particolar modo dell’etica economica in una prospettiva globale, cioè a vantaggio di tutto il mondo.
Du Weiming ha scritto una trentina di libri e oltre 150 articoli in cinese e in inglese. Particolarmente importanti sono stati i suoi ripetuti soggiorni in Cina nel decenno 1980-90, durante i quali, con la sua partecipazione a dibattiti e conferenze nelle principali università del paese, è riuscito a riavviare gli studi sul confucianesimo dopo trentanni d’interruzione.
Du Weiming ha messo in luce che il confucianesimo rappresenta un umanesimo onnicomprensivo. Si tratta di un umanesimo molto diverso dal tipo di umanesimo in voga nel mondo occidentale, contrapposto alla natura e opposto a Dio. L’umanesimo confuciano sottolinea l’unione fra il Cielo e gli esseri umani e l’essenziale unità di tutti gli esseri fra di loro. È un umanesimo che non fugge dal mondo, anzi è orientato al mondo e richiede di partecipare alla vita politica, anche se il confuciano ideale (il junzi) non è un servitore cieco dello stato, ma è dotato di un forte spirito di critica e attraverso i suoi ideali etici si adopera per trasformare la realtà politica attuale.
Per propagandare il pensiero politico confuciano in lingua inglese, Du Weiming ha anche coniato l’appellativo di comunità fiduciaria (fiduciary community). La società nella visione confuciana è una comunità animata da un comune ideale, che è l’automiglioramento morale di ciascun individuo membro. Questa non è una sua invenzione; ma è merito suo aver messo bene in luce quanto nei detti di Confucio (e di Mencio, Xunzi, eccetera) viene ribadito ad ogni passo.
L’indirizzo del sito (inglese e cinese) di Du Weiming è questo:

giovedì 6 giugno 2013


La Settimana Confuciana                             6 giugno 2013

         Kant in Cina

Kant ha fatto molta fortuna in Cina. Dopo l’incontro o scontro culturale fra la Cina e il mondo occidentale avvenuto verso la fine del secolo XIX, Kant è divenuto oggetto frequente di studio. I pensatori cinesi hanno avuto una particolare predilezione per Kant, sia quelli di tendenza occidentalizzante che i buddisti e i confuciani.
        Uno dei nuovi confuciani più in vista è indubbiamente Mou Zongsan (1909-1995). E lui è anche tra i confuciani il più sincero ammiratore di Kant. Ai suoi occhi Kant rappresenta il meglio del pensiero dell’Occidente, quindi è il più indicato, anzi l’unico che possa servire da ponte per il dialogo ideale fra Est e Ovest. Mou Zongsan definisce Kant “il Confucio dell’Occidente”. Mou Zongsan ha speso decenni a tradurre le tre critiche di Kant, una traduzione che è insieme approfondimento filosofico ed elaborazione di una propria metafisica in conversazione con Kant.
Secondo Mou Zongsan, Kant è arrivato molto vicino al confucianesimo, e il pensiero confuciano è esattamente il completamento ideologico della filosofia di Kant. Kant si è arenato sul problema dell’inconoscibilità del noumeno, ritenendo che una tale conoscenza appartiene solo a Dio. Per Kant l’esistenza del noumeno si riduce solamente ad un postulato della ragion pratica. Invece per le tre filosofie cinesi l’essere umano possiede dentro se stesso l’intuizione trascendentale. mentre secondo Mou Zongsan la filosofia cinese è riuscita ad andare oltre, a penetrare nella conoscenza del noumeno: i buddisti e i daoisti dal lato negativo, i confuciani dal lato positivo. L’intuizione trascendentale è la capacità dell’essere umano finito di intuire il Dao infinito, di penetrare nel mistero ineffabile dell’assoluto.  
Anche se non del tutto convincente, la teoria di Mou Zongsan è intellettualmente stimolante e aiuta non poco la mente di noi occidentali ad afferrare l’idea centrale dell’etica confuciana: una percezione o convinzione o intuizione interiore concepita come strutturale nell’essere umano in quanto tale. Questa a sua volta funge da fondamento non solo dell’etica confuciana, ma di tutta la loro filosofia.

lunedì 20 maggio 2013


La Settimana confuciana                    20 maggio 2013

Ideologia del passato o del futuro?

Da un secolo in qua il confucianesimo ha avuto la vita dura. Per varie ragioni storiche la Cina si trovò tutt’altro che pronta all’incontro/scontro con il mondo occidentale. Era in un momento di estrema debolezza. La conseguenza fu che per vari decenni vivacchiò da paese semicoloniale. La colpa venne attribuita al suo retaggio culturale, cioè al confucianesimo.
Il Giappone da sempre si era rivolto alla Cina come alla fonte della propria cultura e al modello delle proprie istituzioni. Quando le corazzate statunitensi vi arrivarono e i giapponesi si resero conto della propria inferiorità tecnologica e militare, da ammiratori e seguaci della cultura cinese divennero seguaci della cultura occidentale e ammiratori del modello anglosassone. Ci fu un rigetto anche del confucianesimo, visto come superato, per riprenderlo pochi decenni dopo come codice etico, ristrutturato però e adattato ad un regime assoluto e militarista. La seconda guerra mondiale si concluse con la sconfitta non solo del Giappone, ma anche del regime militarista e dell’ideologia confuciana.
Con l’avvento in Cina del maoismo, il confucianesimo visse i suoi anni più brutti, ostracizzato come il nemico numero uno della nazione e della razza cinese. Finita la Rivoluzione Culturale, la situazione andò lentamente migliorando. Oggi si parla di un confucianesimo in ripresa, anche se la ripresa pare sia orchestrata dall’alto, cioè tenuta in modo da non creare disguidi alla vita politica e culturale del socialismo (o capitalismo) dalle caratteristiche cinesi.
Se parli con un confuciano, trovi una grande fiducia nel futuro. Il fardello delle critiche che da oltre un secolo sono state dirette al confucianesimo non lo spaventa. Lui ti risponderà: il confucianesimo avrà un futuro, anzi è un’ideologia per il futuro. Due millenni di storia certo pesano, ma il confuciano ti dirà: gli ideali confuciani non sono mai stati realizzati in pieno. Ad esempio, dal punto di vista politico è più che evidente che il regime imperiale era di stampo legista, non confuciano. Quindi c’è ancora molto spazio di azione per chi voglia darsi da fare a costruire una società di stampo confuciano.

sabato 11 maggio 2013


La settimana confuciana               11 maggio 2013

Domani è la festa delle mamme. Una festa che parrebbe non aver nulla a che fare con il confucianesimo, ma qualcosa c’è che si può dire. La festa come tale è nata in Occidente e ora si celebra anche in Cina, Taiwan, eccetera. Il modo in cui viene sentita a mio parere è diverso secondo le diverse culture. In ambiente cinese ha una tonalità che non figura da noi in Europa. Occorre ricordare che la pietà filiale era tradizionalmente una delle virtù fondamentali dell’etica sociale cinese e a dispetto di Mao Zedong e di tutti i westernizers certi valori ancora sussistono in grado più o meno intenso nella società cinese.
A Taiwan dove vivo la festa delle mamme è molto sentita. Per l’occasione i fiorai e i negozi di regali, per non dire dei ristoranti, fanno affari d’oro. In pochi giorni fanno buona parte del loro fatturato annuo. La differenza cui accennavo è la presenza di un collegamento religioso che non esiste, o almeno non è avvertito, in Italia.
In Italia la festa delle mamme è una festa in cui si fa qualche dimostrazione di affetto verso la mamma. È una festa carina, sentita primariamente dai bambini, che danno un fiore o un biglietto autografo alla mamma. Qui a Taiwan la festa è di tutti, di tutte le persone che hanno una mamma (ancora viva). È d’obbligo fare verso la mamma una dimostrazione d’affetto, regalando fiori o qualche oggetto di pregio e organizzando una cena di famiglia.
Il collegamento religioso si scopre evidenziando la pietà filiale, colonna portante dell’etica confuciana, espressione prima e più basilare del sentimento di benevolenza (ren) e rettitudine  (yi) che costituisce la peculiarità dell’essere umano. L’essere umano è fatto così dal Cielo, con il sentimento innato della riconoscenza per chi gli fa del bene, e la mamma è al primo posto. Siamo quindi al centro del discorso etico-religioso confuciano.
Ad ogni festa delle mamme - vuoi in Cina che a Taiwan e ovunque ci siano dei cinesi - si va a rispolverare una poesia dell’epoca Tang, l’epoca d’oro della poesia cinese: migliaia di poeti e innumerevoli poemi. Ne sopravvivono oltre 50.000. L’autore della poesia è Meng Jiao (751-814):
Canto del Figlio Partente  (游子吟)
Ago e filo tra le dita, la madre amorosa s’affretta
a rassettare il cappotto per il figlio partente.
Fitto fitto cuce e rattoppa perché non sa quando
Lui potrà far ritorno, e deve durare a lungo.
Come può un esile stelo d’erba
Ricambiare il calore di tre mesi di sole primaverile?
 
Per la festa delle mamme l’immaginario collettivo cinese ritorna d’obbligo alla scena descritta in questo poema: una vecchia madre seduta a cucire con accanto il figlio in procinto di partire. L’affetto del figlio (esile stelo d’erba) quando potrà mai ricambiare il tepore del sole primaverile che per lunghi mesi (per tutta la vita) l’ha avvolto?
La traduzione (non del tutto poetica) è del sottoscritto.

venerdì 3 maggio 2013


 

THE GOD OF AGRICULTURE

by Umberto Bresciani
 
Foreword

Chinese popular religion is picturesque in the variety of its expressions and beliefs. There is one god (or object of worship), who is primarily related to agricultural activity. His name is Shennong (Divine Farmer). He is an important object of worship for tillers of the soil and for grain dealers, but also for Chinese doctors and pharmacologists, and revered by all Chinese in general. 

The Legendary Age

According to traditional Chinese historical records, before the three historical dynasties of Xia (2205?-1600? BCE), Shang (1600?-1100? BCE), and Zhou (1100?-249 BCE), there was a long age shrouded in legend, which left a rich heritage of mythology. Chinese mythology is as rich and varied as Greek mythology, from which much of Western culture developed.

The Yijing (Book of Change), one of the most ancient Chinese writings, starts by introducing the figure of Fuxi, who studied stars and earth, birds, and animals, and learned many things from them; then it continues: “After Fuxi died, Shennong rose. He made plow and taught people how to raise crops and fishing. He invented money and market for the exchange of goods."

In the very beginning, Chinese religion had been worshipping Heaven, ancestors, and spirits of mountains, rivers, trees, stars, etc. One later scholar’s statistic figure calculated some twelve thousand names of different divinities. Later on, official worship, following Confucian teachings that shunned superstition, concentrated on three categories of spiritual beings, namely heaven, ancestors and sages/heroes. Natural deities (the gods of mountains and rivers, stars, etc.) survived in the popular lore, and were later absorbed for the most part into the Daoist religion.

Shennong is a figure belonging to the “legendary age” of Chinese history. He is one of the Three August Ones, namely Fuxi (“Animal Domesticator”: 2953-2852), Shennong (“Divine Farmer”: 2737-2699), and Huangdi (“Yellow Emperor”: 2698-2599).

Shennong’s surname was Jiang; he was a chief for the tribe of Jiang. While working with its tribesmen, Shennong invented a ploughshare-shaped agricultural tool, which greatly advanced grain agriculture. Therefore, he was given the name Shennong, or Divine Farmer. 
        Shennong is said to have helped people transition from a diet of meat, clams, and wild fruits, to one based on grains and vegetables, and for developing herbal medicine.
He stayed on the throne for 140 years and was replaced by Emperor Huangdi, another ancestor of the Chinese race. Shennong was also called emperor Yan (Yandi). Shennong is viewed as their ancestor also by the Vietnamese.

According to references in ancient books, Shennong was born and lived in the Jiang River area, near modern day Baoji, Shaanxi. Both he and Huangdi, who lived on the Wei River, in nearby Baoji, were sons of Shaodian. Later Yandi was defeated by Huangdi and allied with him, so that they became a strong force in Northern China. Later Shennong moved to live in Suizhou (Hubei), at the confluence of the Huai River with the Yangtze River, where he opened up the place to agriculture. He died in Kangle, Lingxian, near Changsha, Hunan, where he was buried.      

A legend tells that Shennong’s mother one day went for a trip to Huayang, where she met a divine dragon, who with his influx made her pregnant, and she then bore Shennong.[1] Again according to legend, Shennong was just born for three days, and he already could speak. After five months he could walk; after seven months he had all his teeth. When he was three, he already knew the technique of cultivation of herbs and cereals.

 Shennong’s Contributions to Human Civilization

According to tradition, the contributions of Shennong to human civilization include the following eight items:

1) The Plough. He devised an implement – a plough with a handle - for tilling the land and preparing it for cultivation. This implement has been used by Chinese farmers for a very long time, around 7-8 thousand years. He invented also the axe, the hoe, and other implements, and taught people how to use them.

2) Teaching the planting of various grains. Shennong is also called Emperor of the Five Grains (Wugu xiandi). The "five grains" were specifically sesamum, legumes, wheat, panicled millet, and glutinous millet. Rice is not included, because the ancients were only used to the environment of Northern China, where rice cultivation is not suitable.

3) Medicinal herbs. The Divine Farmer is the ‘patron saint’ not only of agriculture, but also of pharmacology. There were 69 remedy recipes (herbs) included in the earliest known materia medica attributed to him. These represented a tradition of pragmatic medicine not integrated with the theories of Yinyang or Wuxing. He was said to have the penchant for tasting all kinds of herbs, to experience their effect on the body. One story has that his father was once very sick and passed out. Everybody was in despair and did not know what to do. Then his young son Shennong made a potion with a certain herb he went to pick, and poured some drops of the potion on his father’s mouth, and his father came back to life.

As a result of his efforts, numerous herbs became routinely used for health care, and the knowledge was handed down by oral tradition for centuries. When these herbs were described in a formal manner, the book was named after Shennong, known today as the Shennong Bencao Jing, or Herbal Classic of the Divine Farmer. The Shennong Bencao Jing is a fundamental book in Chinese medicine. It was written sometime before 200 CE and was attributed to Shennong. He is also said to have tested all 365 Bencao recipes personally, watching their effect through his conveniently transparent abdomen. He reportedly turned green and eventually died as a result of such experiments. This book was expanded and revised many times in the following centuries.

4) Invention of a simple loom. Shennong taught people to pick mulberry leaves and to plant hemp, then to weave fabrics using silk thread and hemp cords to make simple clothing.

5) Invention of bow and arrows.

6) Invention of commerce. He realized that some people were in need of artifacts that they were not making. Thereupon, he arranged people to trade their goods for the things that they most wanted in a set place. So, he is said to have helped develop the earliest market in China, because he established the marketplace, where to exchange and sell goods on fixed days during the month.

7) Invention of pottery art. He is supposed to be the inventor also of ceramic containers, which are a very useful commodity in people’s lives.

8) Invention of the guqin musical instrument. He is considered the inventor – together with Fuxi and Huangdi – of the guqin, a five-stringed (later seven-stringed) musical instrument of the zither family. He also wrote many songs to entertain people after work. His son was said to have invented another musical instrument, the bell, for which he composed several pieces.
        Beside these eight major items, in various legends other aspects of civilization are attributed to Shennong. A legend says that it was Shennong who discovered that drinking water could be made healthier by boiling. Or take, for instance, the invention of tea drinking. In one popular Chinese legend, Shennong was drinking a bowl of boiling water some time around 2737 BC. The wind blew and a few leaves from a nearby tree into his water and the water began to change its color. The ever inquisitive and curious monarch took a sip of the brew and was pleasantly surprised by its flavor and its restorative properties. A variant of the legend tells that the emperor tested the medical properties of various herbs on himself, some of them poisonous, and found tea to work as an antidote to poison.
 

The Best Known Legend
The best known of the legends surrounding the figure of Shennong is the following. At Shennong's time, grains and weeds grew together, as did useful herbs and wild plants. People could not distinguish edible plants nor differentiate poisonous plants from medicinal herbs. The common people relied on hunting as the main means to obtain food, but as time went by, birds and animals became scarce. Those who could not hunt anything went hungry. If people developed diseases, there were no medicines available to treat them. People had no choice but to let the conditions worsen until they ultimately died.
When Shennong saw the tragedies around him, he felt the pain in his heart. He meditated for three days and three nights, and then came up with a decision. He led a group of his people and headed for the mountains to the northwest. After crossing numerous rivers, climbing over countless hills, and walking for innumerable miles, on the 49th day, they came to a mysterious mountain covered by thick fog. In the air floated a strange yet pleasant fragrance.
 
As they were about to approach the mountain, suddenly, a large pack of wild beasts jumped out of a nearby valley and surrounded them. Shennong told his people to fight the beasts with whips. After driving away one group of the wild beasts, another group would come to attack them. They fought ceaselessly for seven days and seven nights before they drove away all the beasts. The whips left deep scars on the skins of those leopards, tigers, and pythons. The scars later turned into the patterns on the skins of the wild animals that we see today.
After realizing how dangerous this place was, Shennong's followers all urged him to leave, but Shennong firmly replied: "Our people are suffering from hunger and disease, how could I return to face them?" He then took the lead and walked over to the canyon at the foot of the mountain.
As they looked up, they discovered that the mountain rose into the clouds with sheer cliffs on all sides. No one could see the top and the mountain appeared to be impossible to climb. The crowd once again urged Shennong to return to home. He again shook his head with determination, and said: "Our people are suffering from hunger and disease, how could I return to face them?"
Shennong stood on a small rocky hill, looked around and thought about how to climb the mountain. Suddenly he saw several monkeys climbing from vines hanging off the cliff, and he immediately knew what to do. Shennong asked his people to chop down trees and build platforms leaning against the cliff. For many days they built platforms, a layer of platform a day.
Seasons came and went, and they spent an entire year building 360 layers of platform before they finally reached the summit. The legend describes how modern day scaffolding techniques were derived from his method of platform construction.
Once at the summit of the mountain, they saw stretching in front of them a vast world of plants, with leaves of all shapes and flowers of all colors. Shennong knew he had found what he was looking for. He led his people to settle there, and started to taste various types of plants. At night, Shennong made a bonfire and used the light of the flame to record his discoveries. He thoroughly documented which types of plants were bitter, which had warm or cold qualities, which ones could be used as food, and which ones could be used to cure illnesses. There were times when Shennong tasted up to 70 different kinds of poisonous plants within one day.
Shennong spent 49 days tasting hundreds of plants; his footprints covered the mountain top. He successfully identified modern day staples such as wheat, rice, millet, bean, and sorghum. He told his people to take back the seeds of those plants and to grow them in the fields. These five plants were later called five grains. Shennong differentiated poisonous plants from medicinal herbs, and discovered 365 kinds of herbal medicines which can be used to cure hundreds of diseases. He compiled his findings into a medical journal called "The Divine Farmer's Herb-Root Classic", and instructed his people to take the book with them and use the knowledge to help other people in the world to treat illnesses.
This magic mountain of plants was later called "The Mountain of Shennong," and Shennong has been regarded as the King of the Five Grains and Father of Chinese medicine.[2]
 
Canonization

References to Shennong go back to the remotest antiquity. The first historical reference is found in the Spring and Autumn Annals. Later, the Zuo Commentary (Zuozhuan), the Discourses of the States (Guoyu), the Book of Rites (Liji), all add some details. While in ancient books references are scant, popular legends in later times are abundant. As many other figures of popular religion, he was canonized by various emperors, and became known as Shennong dadi (Great Emperor Shennong), or also Yandi (the Flame Emperor).

Under the Qing, the emperor granted to all district magistrates the faculty to appropriate a piece of land for the temple of Shennong, and to lead the local population in the worship of Shennong (mainly a yearly sacrifice, on the date of his birthday). In Beijing it was a solemn ceremony, and it was the first sacrifice of the year.

Shennong’s birthday is celebrated on April 26 (of the lunar calendar), usually with a solemn procession.
 
Sacred Sites

        Three are the places sacred to Shennong: they have become places of pilgrimage for the Chinese from all over the country and from abroad.

1)       His birthplace. Tradition indicates as his birthplace the village of Yuquan, near Baoji, Shaanxi, on the southern bank of the Wei River, where a memorial temple of modest size exists in a beautiful surrounding, between the Wei River (north) and the Qin Hills (south).[3]

2)       Suizhou, in Northern Hubei, in the area where the Huai River flows into the Yangzi River. It is the place where he brought his people, and together with them opened up the place to farming and to other civilized activities. It is a place that becomes crowded every year for the solemn celebration of Shennong. There are numerous monuments there (such as the Shennong Cave, the Nine Wells, a temple, a Shennong Square, etc.), and they are surrounded by a mountain landscape of pristine beauty. 

3)       Finally, his burial place, called Yandiling, in Hunan province.

        The burial site of Shennong (Yandiling) is a large complex (10,000 sq.m.) including a tumulus and a temple. Both were rebuilt in 1986-87 at government expense, and there are various stele dedicated by important figures, such as Hu Yaobang and Jiang Zemin. The present tumulus is 6 m. high and 27 m. in diameter. But the place is very ancient. There are no clear records about when the place started to exist. It is recorded that in 976, Emperor Taizu, the founder of the Song Dynasty, sent a mission to search for the forgotten tomb of Shennong. They searched many ancient burial sites all over the country, and finally found it near Changsha. Thereby they built a temple, still existing after one thousand years, on the scale of an imperial palace.

The temple includes five pavilions. The first one is the entrance, looking south. At both sides of the entrance there are rooms full of inscribed stele recording the visits of famous persons. The second pavilion is the one reserved traditionally for the liturgy celebrations. The third one is before the main hall. The forth one contains the funerary stele, bearing the large-sized inscription Yandi shennongshi zhi mu. In the fifth yard the actual tumulus is located.
 
Temples and Iconography

Other temples to Shennong are spread everywhere, given also that China is mainly an agricultural country. In many temples dedicated to other deities, there is also a chapel, or an altar, with Shennong’s statue.

In Taiwan, there are over one hundred temples dedicated to Shennong. The temple in Shilin, Taipei, is noteworthy for its beauty and antiquity. It was built over 300 years ago during the reign of Kangxi and is built on two floors. The ground floor is for the worship of Tudi Gong (the lord of the place), the second floor is for the worship of Shennong.

The statue of Shennong is easily recognizable among the myriad of icons in Chinese temples. He is always represented as sitting, the usual way of oriental kings. His head has two horns, referring to the ancient legend that he was a human being with a buffalo head. His torso is bare and at the waist he wears a skirt of tree leaves. This is to indicate that he belongs to the age when clothes had not yet been invented, when humans did not yet know how to weave fabrics.

        Shennong always holds in his hand a handful of ears of grain of golden yellow color (ripe for harvesting). This is to remind the onlooker that his main contribution to civilization was teaching people how to plant grains.

        In certain temples (and special feasts), his statue is covered with a splendid, gold-woven mantle, to signify his regal stance (and of course, to give the faithful an excuse to bestow on him precious gifts, thus hoping to make him happy and to propitiate him).

        His face is either white, or red, or black. Most often it is black, reminding people of the way how Shennong died, namely by poison.

The head inscription above Shennong altar was decreed by the Qing emperors to be written in golden characters on a red background.
 
Modern Criticism

        Since time immemorial, China has been an agricultural society, a country living on agriculture. Already seven or eight thousand years ago, there existed a relatively well-developed agriculture along the Yellow River and the Yangzi. The agricultural techniques of the Chinese were certainly avant-garde until the modern age. Shennong is the founder of agricultural technique. He is often mentioned together with Huangdi, and they speak of “Yan Huang” to mean Shennong and Huangdi. Both of them contributed, the one with some inventions, the other with other inventions, to the start of the agricultural civilization of the Chinese people. It is because of this that the Chinese people traditionally like to call themselves Yan Huang zisun, which means “the descendants of Shennong and Huangdi.”

Shennong is a legendary figure. Modern critical historians have been working on the meaning of this kind of mythological heritage. The dividing line between the Paleolithic (jiu shiqi shidai) and the Neolithic age (xin shiqi shidai) is the beginning of plant cultivation and animal domestication around 10,000 years ago (the Neolithic Revolution). That plants did not only serve as food (like millet and rice) but also as medicine can still be seen in the long tradition of Chinese medicine (see the book Shennong bencao jing "Materia Medica of the Divine Farmer"). A third use of plants consists in their property to provide fibers, fuel, or even poison.

        Some scholars would say that a legendary figure such as Shennong was not a person, but a tribe. Ancient indications hint that Shennong was born in Shaanxi, then moved south and settled in Hubei, and finally died near Changsha, Hunan. This would mean that a nomadic tribe, of hunters and sheep raisers, eventually moved south to Hubei, where they settled down permanently – thus ending their nomadic life – and started cultivating the land, living no longer only on hunting-fishing, but mainly on farm products.

        On this line, the fact that since antiquity Shennong was described as having a buffalo head (two horns), would indicate that the “Shennong” tribe’s totem was the buffalo, and that by then, with the practice of agriculture, the buffalo had become extremely important, the main working force in social life.
 
 Political implications

The Divine Farmer was one of the mythological bearers of culture at the beginning of civilization. Han historians and myth makers describe his most fundamental task as having led humanity out of a state of hunting and savagery, away from eating raw flesh, drinking blood and wearing skins, towards an agrarian utopia. Here is the Huainanzi account from the 2nd century BCE:

In ancient times the people ate grasses and drank from rivers; they picked fruit from trees and ate the flesh of mollusks and beetles. At that time there was much suffering from illness and poisoning. So the Divine Farmer taught the people for the first time how to sow and cultivate the five grains and to examine the suitability of the earth, to differentiate dry or waterlogged, fertile, high and lowland. He tasted the flavor of the hundred plants and the sweet or bitterness of river and spring; and he taught the people what to avoid and what to follow. At that time, on just one day he came across seventy poisons.

Along Chinese history, there have been people who extolled the age of Shennong for political purposes as a social utopia. The idea was that in Shennong’s age there was no social exploitation; everyone was friendly and equal to each other. The tribe chief was working and tilling the soil as any other man. They worked together in the fields in great harmony. Men did farm work in fields and women stayed home weaving cloth and doing stitching work. No prisons or police were needed. No army was raised.
 

Concluding Observations

        In the pantheon of Chinese popular religion, Shennong belongs to the “ancestors” category. Furthermore, he was a sage and a hero and benefactor of humankind. His figure is beloved by the Chinese masses in general, together with Huangdi, and other mythical ancestors of the Han race.

While considering the figure of Shennong, two observations come to my mind:

1)     The Chinese emphasis on remembering their ancestors on a regular base is quite special. The need of paying our debt of gratitude to our ancestors, to those who, with their efforts and labors, contributed to our civilization, is not felt so vividly in our Western cultural tradition. In Western countries, although at times a statue may be built to an important ancestor, usually the memory does not materialize in temples and routine rituals of the Chinese kind.                                                     The difference is possibly due to the different historical development of the two cultures. In Western countries, civilization is connected to a millennia-long process of confluence of a multitude of cultures, so that the great founders of each individual culture have faded in the background. In the case of the historical development of Chinese civilization, although foreign contributions are not absent, the bulk of it goes back to a clear definite straight historical line, back ultimately to the legendary figures of mythical antiquity, the likes of Shennong and Huangdi.

2)     In the case of Shennong, same as for other important deities, such as Mazu, Guan Gong, or Tudi Gong, it is clear that – at least in mainstream Confucian ideology – he is not a god; he is a spirit in Heaven. He is powerful because of his good deeds during his life on earth; and he is always acting and exerting his power on behalf of Heaven.

        The Vatican decree Plane Compertum Est (1939) allowed Chinese Catholics to give tribute of respect to Confucius and to ancestors, a respect that could as well imply bowing and burning of incense in front of their statues and memorial tablets. Logically, Chinese Catholics should be allowed to pay their respects to the temple of Shennong, as they do to Confucius and to their ancestors. Shennong too is an ancestor and a sage!

        In previous times, most Western missionaries – both Catholic and Protestant - used to loathe the figures of popular religion, or even to openly advocate their destruction. They viewed those religious figures as the like of pagan idols stigmatized by Biblical prophets. Even today, usually missionaries ignore their existence. It should be time to change this attitude. Christian leaders should encourage their faithful to show due respect to ancestors and sages, Shennong included. As long as Christian religious leaders utterly ignore the existence of, or disrespect, the most cherished figures of popular religion (such as Shennong the beneficent ancestor, Guan Gong the personification of righteousness and loyalty; Mazu the epitome of mercy, and so on), how can our foreign religion earn appreciation and respect from the large majority of the Chinese masses?
 
 
 
A statue of Shennong, 6 meter high, in the countryside of Xinpu, northern Taiwan.

 
The main icon of Shennong in the Shennong temple of Tianmu. Taipei.
 

The main achievements of Shennong (cultural contributions to humankind: ploughing, archery, botanics-pharmacology, pottery, musical instruments, huts, weaving, agricultural cultivation)
 
 
  
Bibliographical Hints:

·           Ma Shutian, Zhongguo minjian zhu shen [the gods of Chinese popular religion], Guojia chubanshe, 2001.

·           Zhou Zhuojie, Yandi, Taipei: Guojia chubanshe, 2001.

·           http://search.minghui.org/mh/articles/2006/11/30/143293.html



[1] For some, this legend would refer to a primordial matriarchal society, where the mother of a child was known, but not the father. Besides, a divine dragon would grant to Shennong a peerless nobility of lineage. (See Ma Shutian)
[2] Adapted from http://search.minghui.org/mh/articles/2006/11/30/143293.html
[3] Many Chinese pilgrims come to visit from the country and from abroad, seeking the ancestral roots of the Chinese race (in the same trip, they visit also the shrine/tomb of the Yellow Emperor in Qiaoshan, Shaanxi).