giovedì 22 aprile 2010

IL PRIMO PRINCIPIO DELLA FILOSOFIA CONFUCIANA

IL PRIMO PRINCIPIO DELLA FILOSOFIA CONFUCIANA

Prefazione

Si diceva un tempo che la Cina non aveva (non ha, non ha mai avuto) una filosofia. Erano i tempi quando la filosofia europea viveva ancora all’ombra di Kant e Hegel, salvo che uno non fosse ancorato ad Aristotele o Platone, o Tommaso d’Aquino...
Oggi le cose sono cambiate. Il mondo è più vasto dei confini dell’Europa. Ormai ben pochi osano dire che la Cina non ha una filosofia. D’altra parte, basta guardare l’etimologia. Filosofia significa ‘amore della sapienza’. Forse che i cinesi non hanno mai avuto amore per la sapienza? Con tutti i libri che hanno scritto e studiato da circa tre millenni in qua...
Non è facile capire i cinesi, e tanto meno i confuciani! I confuciani ci tengono a dire che la loro tradizione filosofica è l’alveo maestro, il nucleo principale della cultura cinese. Non è il caso di entrare ora nelle diatribe fra confuciani e daoisti (i quali invece dicono che il daoismo è la dottrina principale della Cina) o buddisti (che dicono che la Cina è buddista). In base al dato di fatto che da sempre il ceto dirigente della cultura (e della politica) cinese è stato confuciano (e lo sta ridiventando pure ai nostri giorni, dopo un secolo di sbandamenti), ritengo che, per capire i cinesi (ma anche i coreani, i giapponesi e i vietnamiti), sia molto importante capire la filosofia confuciana.
Può aiutare allora questo piccolo saggio, che cerca di illustrare il punto cruciale, il primo principio, di una tradizione filosofica, che non è un relitto del passato, ma è quanto mai viva anche adesso - sia pure un po’ in sordina, a causa di certi sviluppi storici da circa un secolo a questa parte - nella società cinese, come anche nella società giapponese, coreana e vietnamita.
Chi si accosta al mondo filosofico cinese (anzi, estremorientale), e in modo speciale a quello confuciano, fa presto ad accorgersi che l’argomento che ha attirato in modo speciale la loro attenzione è stato quello della coltivazione morale, argomento che a sua volta trova il suo fondamento in una teoria della natura umana. Tale teoria era poi una trama di concetti che faceva capo ad un principio, quello appunto che cercheremo di mettere a fuoco in questo libro.
Ben presto apparirà evidente un tratto che diversifica la tradizione filosofica cinese dalla nostra occidentale. Intendo alludere alla preoccupazione primaria, nella Grecia classica e in genere nella storia dell’Occidente, per l’aspetto epistemologico: il conosci te stesso di Socrate, cioè riuscire a conoscere che cosa sia il bene e anzitutto verificare se è conoscibile. Nella tradizione confuciana invece la preoccupazione primaria è per l’aspetto deontologico: come realizzare sé stesso, che cosa ‘deve’ (o ‘dovrebbe’) fare l’uomo per realizzare la propria natura umana donatagli dal Cielo.
Dato che navighiamo nel campo filosofico, c’è da aspettarsi che la parola dominante dovrebbe essere la mente, il pensiero, il logos, il raziocinio. La tradizione confuciana invece ha come parola chiave il termine xin, che a volte viene tradotto con ‘mente’, ma che di per sé vuol dire cuore, e che in ogni caso comprende tutte le facoltà conoscitive - sia razionali che affettive (emozioni) - e volitive. Per questo negli ambienti americani, dove studiare il confucianesimo è diventato di moda, in tempi recenti è entrato nell’uso comune il termine mind-heart (mente-cuore). Nelle prossime pagine io talvolta parlerò di ‘mente’; ma più spesso tradurrò xin con ‘cuore’, proprio per tenere il lettore cosciente di questa complessità lessicografica, che a sua volta riflette la differenza fondamentale d’orientamento appena descritta.
Questo libro non è un manuale di filosofia. È stato concepito sullo stile di una conversazione familiare, o meglio come una serie di brevi conversazioni su una tazza di té. Per questo motivo ogni capitolo consta in genere di due o tre paginette, e il libro si presenta libero dall’usuale fardello di un libro di studio (note, disquisizioni, eccetera). Inizio illustrando dapprima il principio filosofico in questione (“la natura umana è buona”) e alcuni approfondimenti sui quattro germogli costitutivi della natura umana secondo la filosofia confuciana; poi passo a raccontare alcuni fra i più rilevanti sviluppi storici relativi a detto principio; infine accenno a svariate dimensioni del discorso confuciano (dimensione politica, economica, ecologica, mistica, commerciale), che in fin dei conti hanno sempre la loro ultima radice nel primo principio.
Alla fin fine, in questo modo si vengono a toccare numerosi punti importanti del discorso filosofico confuciano, nella speranza di poter così lasciare un’impressione, “dare un’idea” della sostanza principale della filosofia confuciana. Se uno afferra i capisaldi di questa sostanza, per riflesso viene anche a penetrare nel mondo di pensiero estremorientale, dato che il confucianesimo è presente in Estremo Oriente da oltre due millenni, e con il buddismo e daoismo ha avuto frequenti rapporti, a volte magari di antagonismo, ma indubbiamente sempre di notevole influenza reciproca.