sabato 6 aprile 2013

La settimana confuciana                     6 aprile 2013
Oggi ho postato nel blog un articolo che ho scritto diversi anni fa, ma che ha la sua utilità. Presenta in pochi paragrafi chi sono i nuovi confuciani. Siccome si tratta di un movimento filosofico ormai abbastanza noto, che si sente nominare spesso quando si parla della Cina, desidero dare modo di capire di chi si sta parlando.
Possiamo dire che il panorama culturale della Cina attuale è caratterizzato da tre aree principali: i neomaoisti, che hanno idealizzato l’epopea di Mao e vorrebbero continuarla e riviverla; poi i neoliberali, di tendenza occidentalizzante, e terzi – ma non necessariamente in minor numero – i nuovi confuciani. Il dibattito culturale è molto vivace tra gli intellettuali cinesi e all’interno di questi tre mondi ci sono poi tante diverse correnti e sfumature.
Riguardo ai nuovi confuciani, ci sono quelli che sono stati discepoli direttamente o indirettamente dei grandi leader, vissuti poi a Taiwan/ Hong Kong, e che sono sinceri e fedeli seguaci del movimento, e ci sono quelli invece misti, che studiano e apprezzano le idee dei nuovi confuciani ma cercano una via di mezzo, auspicando un marxismo confuciano oppure un confucianesimo un po’ marxista. Ci sono poi, per nominare un gruppo che attualmente si fa sentire, quelli che sostengono il confucianesimo politico.
Leader ideologico del confucianesimo politico è Jiang Qing, che si ispira ai nuovi confuciani della seconda generazione (Mou Zongsan, Tang Junyi, Xu Fuguan), ma dichiara di andare oltre e di colmare una lacuna dei nuovi confuciani. La lacuna sarebbe che i nuovi confuciani in fatto di teorie politiche hanno preso in blocco la filosofia politica del mondo occidentale, ignorando che la Cina confuciana di due millenni or sono aveva una teoria politica confuciana valida da applicare, seppure con qualche piccolo aggiornamento contestuale.

 

Chi sono i Nuovi Confuciani?

A causa della sua vastità, il confucianesimo è un fenomeno culturale non facile da afferrare nel suo insieme e nella sua essenza. Abbraccia, infatti, almeno tre millenni di sviluppi storici e riguarda non solo la Cina, ma anche la Corea, il Giappone e il Vietnam. È insieme una dottrina politica, filosofica e religiosa. In breve, lo potremmo definire come quel complesso di dottrine, che sono state per millenni il fondamento della vita sociale, politica e religiosa dei cinesi e di vari altri popoli dell'Estremo Oriente.

 Verso la fine dell'Ottocento, l'ideologia confuciana si trovava sotto inchiesta come responsabile dell'arretratezza della Cina al confronto con i Paesi occidentali. Nel 1894-95, una vergognosa disfatta, inflitta alle giunche militari cinesi dalle corazzate giapponesi (copiate sui modelli tedeschi), produsse un notevole shock sulla classe intellettuale cinese, nello scoprire che il Giappone - da sempre un piccolo Stato vassallo dell'impero cinese - era molto più progredito della Cina. Cominciò la corsa all'apprendimento delle ideologie occidentali. Il confucianesimo perse sempre più quota, al punto che nel 1905 il governo imperiale decretò l'abolizione degli esami di concorso, basati sui classici, da tempo immemorabile l'unica via alla carriera politica e statale.

Nel 1911, con l'abdicazione dell'imperatore, ebbero termine anche i solenni sacrifici al Cielo, che si celebravano ogni anno in occasione dei solstizi. Col peggiorare delle condizioni sociali ed economiche della Cina, l'astio verso il confucianesimo andò crescendo. Infine si arrivò al "movimento del 4 maggio" (1919), quando i giovani intellettuali impegnati dichiararono lotta aperta all'influsso del confucianesimo sulla cultura e sulla vita sociale. Ma la mentalità dei cinesi, educati per millenni sui testi di Confucio, era intrisa di confucianesimo fino al midollo. Di conseguenza, lungo tutto il secolo scorso il confucianesimo - visto come ostacolo al diffondersi in Cina di scienza e democrazia - fu combattuto con veemenza. L'apice del rigetto, non più solo fra gli intellettuali, ma a livello di masse, fu raggiunto con la Rivoluzione culturale (1966-1976).

Come insegna il Libro dei Mutamenti (Yijing), una volta che nelle cose umane si arriva all'estremo, comincia il ritorno. Il dopo-Mao vide subito un ritorno graduale ai valori della tradizione, e quindi una lenta ripresa del confucianesimo. Col passare degli anni, si sente parlare sempre più spesso di confucianesimo e dei "nuovi confuciani." In Cina è fiorente un movimento per insegnare a memoria i classici ai bambini nei programmi delle scuole elementari. Perfino la statua di Confucio è stata eretta ultimamente in luoghi cruciali della capitale.

 

PRIMA GENERAZIONE

La prima generazione di filosofi "nuovi confuciani" è costituita dalle rarissime voci di coloro che, proprio quando più imperversava l'ondata anticonfuciana - e lo slogan di moda era che "i libri antichi (compresi i classici) andavano buttati tutti nel cesso" - parlarono in qualche modo in difesa di Confucio e del confucianesimo. Il primo a parlare fu un certo Liang Shuming (1893-1988), docente dell'università di Beijing, che nel 1921 scrisse Le culture orientali e occidentali e le loro filosofie. Liang argomentava in favore di una certa validità della cultura cinese tradizionale (cioè confuciana), che egli vedeva situata in una saggia posizione di equilibrio, fra quella occidentale che predica l'esasperata soddisfazione del proprio io individuale e quella indiana che invece predica la distruzione dell'io personale. Fra le altre figure pionieristiche possiamo ricordare Xiong Shili (1885-1968), filosofo che dal buddismo si convertì al confucianesimo ed elaborò una metafisica per il confucianesimo; e poi Zhang Junmai (1887-1969), politico di grande integrità, che contribuì molto col suo orientamento in politica.


SECONDA GENERAZIONE

Dopo il 1949, a causa della rigidità ideologica della Cina comunista, il movimento dei nuovi confuciani dovette emigrare. Continuò a svilupparsi al di fuori dei confini della Repubblica Popolare Cinese (e cioè ad Hong Kong, Taiwan, Stati Uniti, Singapore). Era uno sparuto gruppo di insegnanti di filosofia, praticamente pochi discepoli dei personaggi appena menzionati. In particolare, alcuni filosofi rifugiatisi a Hong Kong e Taiwan si impegnarono in un'intensa attività d'insegnamento e di studio sul pensiero confuciano. Se nei pensatori della prima generazione troviamo i germi e le direttive ideali del futuro movimento, in questi della seconda generazione abbiamo i frutti di un'attività prolifica di pensiero e di scritti, che ormai costituisce il patrimonio ideologico dei "nuovi confuciani" odierni.

Ha fatto epoca un articolo pubblicato da quattro di questi filosofi sulla rivista Tribuna democratica di Hong Kong del 1 gennaio 1958, noto ora come "il manifesto della rinascita confuciana." I quattro autori, in frasi concise e ricche di contenuto, hanno voluto trasmettere l'idea che il confucianesimo era stato fino allora misconosciuto dagli occidentali ed era stato buttato via anche dai cinesi, che ormai ne ignoravano l'autentico contenuto ideale. Secondo questi autori, gli occidentali non avevano capito l'essenza del confucianesimo: non l'avevano capita i missionari, andati in Cina per convertire, non per capire; non l'avevano capita i sinologi, che studiavano la cultura cinese come si studia una mummia nelle tombe e non come una realtà vivente, seppure malata; non la potevano capire i cultori di scienze politiche e storiche, privi com'erano di basi ermeneutiche e di materiale valido di ricerca.

I NUOVI CONFUCIANI

E così, quando si pensava che il confucianesimo fosse ormai morto e sepolto, si diffuse questo movimento di filosofi, qualificati come nuovi confuciani perchè hanno ridato vita al confucianesimo, rielaborandolo alla luce della filosofia occidentale.

Mou Zongsan (1909-1996), un docente universitario che ha passato la sua vita a dialogare con Kant, è forse la figura più rappresentativa della seconda generazione. Attraverso le sue ricerche, è arrivato a formulare un suo sistema metafisico. Se da una parte egli ritiene che il filosofo tedesco sia l'apice del pensiero occidentale, dall'altra sostiene che Kant non sia riuscito a dimostrare l'esistenza del numeno. Infatti, per Kant, l'esistenza di Dio, l'immortalità dell'anima e il libero arbitrio sono postulati della ragion pratica e non è dato all'uomo di poterne dimostrare l'esistenza reale. Per Mou Zongsan, il confucianesimo (come anche il buddismo e il daoismo, sia pure questi due per via negativa) non solo è invece in grado di dimostrare l'esistenza del numeno, ma lo considera un dato fondamentale e immediato dell'esperienza della natura umana.

Un altro personaggio con dei lati affascinanti è Tang Junyi (1909-1978), anch'egli professore di filosofia, rifugiatosi a Hong Kong dopo il 1949. Tang Junyi ha fatto un lungo studio delle varie dottrine filosofiche dell'umanità e ha concluso che l'uomo, per sua natura, necessariamente si relaziona al trascendente. Dalla storia dell'umanità si vede, però, che il mondo trascendente esplorato dagli esseri umani nei vari Paesi e nelle varie epoche è stato molteplice e articolato. Secondo Tang, la gamma di esperienze della realtà trascendente si può concentrare in tre sfere diverse: quella del Dio Uno delle religioni monoteistiche dell'Occidente; quella del Vuoto Totale del buddismo; e infine la sfera più alta, quella della "Virtù del Cielo all'opera nel cosmo" del confucianesimo. Per Tang il confucianesimo è una religione, anzi, una meta-religione. Il fatto di aderire a questa o quella religione è una scelta determinata che un individuo realizza durante la sua vita, la scelta di affidarsi a una realtà trascendente. Nel confucianesimo, non questa o quella divinità, ma la coscienza morale è fondamentale, dove l'io individuale e il Cielo s'incontrano e dialogano. In questa prospettiva, qualsiasi persona, quando decide di affidarsi (la fede) a una religione, lo fa per una decisione della propria coscienza. Per cui, secondo Tang, il confucianesimo lavora a monte di ogni altra religione.

TERZA GENERAZIONE 

La terza generazione dei nuovi confuciani, una folta schiera di discepoli dei precedenti, è caratterizzata soprattutto da un impegno di internazionalizzazione del loro movimento. Si tratta infatti di persone che hanno studiato anche all'estero e ora insegnano nelle Università di diverse nazioni. Negli ultimi decenni questi sono stati attivi specialmente negli Stati Uniti, insegnando e scrivendo libri in inglese, creandosi così un certo seguito. In particolare va ricordato Du Weiming (spesso romanizzato anche come Tu Wei-ming), discepolo di Mou Zongsan e docente della Harvard University, che da decenni dialoga con gli ambienti accademici americani e ha contribuito alla formazione di un circolo di studiosi, che si autodefiniscono Boston Confucians.

Con la fine dell'epoca maoista, la Cina riprese i contatti con l'estero e subito si avviarono anche scambi culturali. Fu allora che Du Weiming venne invitato a tenere conferenze nelle principali Università cinesi. Le sue conferenze furono l'occasione di una ricomparsa del confucianesimo in generale negli ambienti accademici cinesi. In pochi anni il movimento prese piede, specialmente fra la giovane generazione di docenti universitari. Non sono ancora chiare le tendenze dominanti della nuova ondata di pensiero confuciano in Cina. Probabilmente a prevalere è la linea di Mou Zongsan, di ricerca di un equilibrio, con l'importazione di certi valori occidentali su una matrice fondamentalmente confuciana; ma sono svariate le direzioni che sta prendendo, da quelle che auspicano una fusione di marxismo e confucianesimo a quelle che predicano un ritorno radicale alla tradizione antica.

 I NUOVI CONFUCIANI E LA RELIGIONE

All'inizio del secolo scorso i cinesi hanno importato dall'Occidente, insieme con la scienza, anche lo scientismo, che poi ha imperversato per tutto il secolo, e domina tuttora la mentalità cinese. La religione in Cina era diventata sinonimo di superstizione e di cosa retrograda indegna di esistere. Cresciuti in questo ambiente culturale, i nuovi confuciani della prima generazione non dicevano che il confucianesimo era una religione. Dal canto suo Xiong Shili, il metafisico della prima generazione, si prefiggeva di riscoprire e ricostruire la base metafisica del confucianesimo. I suoi discepoli, fra i quali Mou Zongsan e Tang Junyi sono i più rinomati, si sono trovati, dopo il 1949, a Hong Kong e Taiwan, spesso in dialogo con il cristianesimo, anzi in difesa del confucianesimo dagli attacchi dei missionari protestanti e dei cattolici seguaci della neoscolastica. Ecco allora che nelle loro opere si dilungano ad approfondire certi problemi e a illustrare la base teologica del confucianesimo. E, pur professandosi sempre filosofi, fanno intendere che il confucianesimo per loro ha il ruolo né più né meno di una religione.

Che il confucianesimo sia anche una religione, o, volendo dirlo in altri termini, che abbia indubbiamente il suo lato religioso, si vede anche indirettamente dal fatto che i Boston Confucians più in vista - come Robert Neville o John Berthrong - sono teologi di professione! Essi ritengono di potere senza difficoltà proseguire la loro attività di teologi (Robert Neville, affermato teologo metodista; John Berthrong, decano della facoltà di teologia della Boston University), e contemporaneamente professarsi seguaci del confucianesimo, una doppia appartenenza che in verità già Matteo Ricci nel 1600 ammetteva per i suoi convertiti. In futuro, se il confucianesimo continua a diffondersi come sta facendo, senz'altro sarà sempre più un partner attivo nei dibattiti internazionali con le altre religioni, e anche con il cristianesimo. È possibile allora che tornino di attualità gli argomenti delle diatribe teologiche, che fecero sudare molti teologi al tempo della controversia dei riti cinesi (secoli XVII-XVIII), diatribe che non trovarono mai una soluzione, ma furono troncate da un ordine perentorio del papa di non parlarne più, pena la scomunica.                                                                                                                            
Umberto Bresciani