Chi sono i Nuovi Confuciani?
A causa della sua vastità, il confucianesimo è un
fenomeno culturale non facile da afferrare nel suo insieme e nella sua essenza.
Abbraccia, infatti, almeno tre millenni di sviluppi storici e riguarda non solo
la Cina, ma anche la Corea, il Giappone e il Vietnam. È insieme una dottrina
politica, filosofica e religiosa. In breve, lo potremmo definire come quel
complesso di dottrine, che sono state per millenni il fondamento della vita
sociale, politica e religiosa dei cinesi e di vari altri popoli dell'Estremo
Oriente.
Verso la fine dell'Ottocento, l'ideologia
confuciana si trovava sotto inchiesta come responsabile dell'arretratezza della
Cina al confronto con i Paesi occidentali. Nel 1894-95, una vergognosa disfatta,
inflitta alle giunche militari cinesi dalle corazzate giapponesi (copiate sui
modelli tedeschi), produsse un notevole shock sulla classe intellettuale
cinese, nello scoprire che il Giappone - da sempre un piccolo Stato vassallo
dell'impero cinese - era molto più progredito della Cina. Cominciò la corsa
all'apprendimento delle ideologie occidentali. Il confucianesimo perse sempre
più quota, al punto che nel 1905 il governo imperiale decretò l'abolizione
degli esami di concorso, basati sui classici, da tempo immemorabile l'unica
via alla carriera politica e statale.
Nel 1911, con l'abdicazione dell'imperatore, ebbero
termine anche i solenni sacrifici al Cielo, che si celebravano ogni anno in
occasione dei solstizi. Col peggiorare delle condizioni sociali ed economiche
della Cina, l'astio verso il confucianesimo andò crescendo. Infine si arrivò al
"movimento del 4 maggio" (1919), quando i giovani intellettuali
impegnati dichiararono lotta aperta all'influsso del confucianesimo sulla
cultura e sulla vita sociale. Ma la mentalità dei cinesi, educati per millenni
sui testi di Confucio, era intrisa di confucianesimo fino al midollo. Di
conseguenza, lungo tutto il secolo scorso il confucianesimo - visto come
ostacolo al diffondersi in Cina di scienza e democrazia - fu combattuto con
veemenza. L'apice del rigetto, non più solo fra gli intellettuali, ma a
livello di masse, fu raggiunto con la Rivoluzione culturale (1966-1976).
Come insegna il Libro dei Mutamenti (Yijing),
una volta che nelle cose umane si arriva all'estremo, comincia il ritorno. Il
dopo-Mao vide subito un ritorno graduale ai valori della tradizione, e quindi
una lenta ripresa del confucianesimo. Col passare degli anni, si sente parlare
sempre più spesso di confucianesimo e dei "nuovi confuciani." In Cina
è fiorente un movimento per insegnare a memoria i classici ai bambini nei
programmi delle scuole elementari. Perfino la statua di Confucio è stata eretta
ultimamente in luoghi cruciali della capitale.
PRIMA GENERAZIONE
La prima generazione di filosofi "nuovi
confuciani" è costituita dalle rarissime voci di coloro che, proprio
quando più imperversava l'ondata anticonfuciana - e lo slogan di moda era che
"i libri antichi (compresi i classici) andavano buttati tutti nel
cesso" - parlarono in qualche modo in difesa di Confucio e del confucianesimo.
Il primo a parlare fu un certo Liang Shuming (1893-1988), docente
dell'università di Beijing, che nel 1921 scrisse Le culture orientali e
occidentali e le loro filosofie. Liang argomentava in favore di una certa
validità della cultura cinese tradizionale (cioè confuciana), che egli vedeva
situata in una saggia posizione di equilibrio, fra quella occidentale che
predica l'esasperata soddisfazione del proprio io individuale e quella indiana
che invece predica la distruzione dell'io personale. Fra le altre figure
pionieristiche possiamo ricordare Xiong Shili (1885-1968), filosofo che dal
buddismo si convertì al confucianesimo ed elaborò una metafisica per il
confucianesimo; e poi Zhang Junmai (1887-1969), politico di grande integrità,
che contribuì molto col suo orientamento in politica.
SECONDA GENERAZIONE
Dopo il 1949, a causa della rigidità ideologica della
Cina comunista, il movimento dei nuovi confuciani dovette emigrare. Continuò a
svilupparsi al di fuori dei confini della Repubblica Popolare Cinese (e cioè ad
Hong Kong, Taiwan, Stati Uniti, Singapore). Era uno sparuto gruppo di
insegnanti di filosofia, praticamente pochi discepoli dei personaggi appena
menzionati. In particolare, alcuni filosofi rifugiatisi a Hong Kong e Taiwan si
impegnarono in un'intensa attività d'insegnamento e di studio sul pensiero
confuciano. Se nei pensatori della prima generazione troviamo i germi e le
direttive ideali del futuro movimento, in questi della seconda generazione
abbiamo i frutti di un'attività prolifica di pensiero e di scritti, che ormai
costituisce il patrimonio ideologico dei "nuovi confuciani" odierni.
Ha fatto epoca un articolo pubblicato da quattro di
questi filosofi sulla rivista Tribuna democratica di Hong Kong del 1
gennaio 1958, noto ora come "il manifesto della rinascita
confuciana." I quattro autori, in frasi concise e ricche di contenuto,
hanno voluto trasmettere l'idea che il confucianesimo era stato fino allora
misconosciuto dagli occidentali ed era stato buttato via anche dai cinesi, che
ormai ne ignoravano l'autentico contenuto ideale. Secondo questi autori, gli
occidentali non avevano capito l'essenza del confucianesimo: non l'avevano
capita i missionari, andati in Cina per convertire, non per capire; non
l'avevano capita i sinologi, che studiavano la cultura cinese come si studia
una mummia nelle tombe e non come una realtà vivente, seppure malata; non la
potevano capire i cultori di scienze politiche e storiche, privi com'erano di
basi ermeneutiche e di materiale valido di ricerca.
I NUOVI CONFUCIANI
E così, quando si pensava che il confucianesimo fosse
ormai morto e sepolto, si diffuse questo movimento di filosofi, qualificati
come nuovi confuciani perchè hanno ridato vita al confucianesimo,
rielaborandolo alla luce della filosofia occidentale.
Mou Zongsan (1909-1996), un docente universitario che
ha passato la sua vita a dialogare con Kant, è forse la figura più
rappresentativa della seconda generazione. Attraverso le sue ricerche, è
arrivato a formulare un suo sistema metafisico. Se da una parte egli
ritiene che il filosofo tedesco sia l'apice del pensiero occidentale,
dall'altra sostiene che Kant non sia riuscito a dimostrare l'esistenza del
numeno. Infatti, per Kant, l'esistenza di Dio, l'immortalità dell'anima e il
libero arbitrio sono postulati della ragion pratica e non è dato all'uomo di
poterne dimostrare l'esistenza reale. Per Mou Zongsan, il confucianesimo (come
anche il buddismo e il daoismo, sia pure questi due per via negativa) non solo
è invece in grado di dimostrare l'esistenza del numeno, ma lo considera un dato
fondamentale e immediato dell'esperienza della natura umana.
Un altro personaggio con dei lati affascinanti è Tang
Junyi (1909-1978), anch'egli professore di filosofia, rifugiatosi a Hong Kong
dopo il 1949. Tang Junyi ha fatto un lungo studio delle varie dottrine
filosofiche dell'umanità e ha concluso che l'uomo, per sua natura,
necessariamente si relaziona al trascendente. Dalla storia dell'umanità si
vede, però, che il mondo trascendente esplorato dagli esseri umani nei vari
Paesi e nelle varie epoche è stato molteplice e articolato. Secondo Tang, la
gamma di esperienze della realtà trascendente si può concentrare in tre sfere
diverse: quella del Dio Uno delle religioni monoteistiche dell'Occidente;
quella del Vuoto Totale del buddismo; e infine la sfera più alta, quella della
"Virtù del Cielo all'opera nel cosmo" del confucianesimo. Per
Tang il confucianesimo è una religione, anzi, una meta-religione. Il fatto di
aderire a questa o quella religione è una scelta determinata che un individuo
realizza durante la sua vita, la scelta di affidarsi a una realtà trascendente.
Nel confucianesimo, non questa o quella divinità, ma la coscienza morale è
fondamentale, dove l'io individuale e il Cielo s'incontrano e dialogano. In
questa prospettiva, qualsiasi persona, quando decide di affidarsi (la fede)
a una religione, lo fa per una decisione della propria coscienza. Per cui,
secondo Tang, il confucianesimo lavora a monte di ogni altra religione.
TERZA GENERAZIONE
La terza generazione dei nuovi confuciani, una folta
schiera di discepoli dei precedenti, è caratterizzata soprattutto da un impegno
di internazionalizzazione del loro movimento. Si tratta infatti di persone che
hanno studiato anche all'estero e ora insegnano nelle Università di diverse
nazioni. Negli ultimi decenni questi sono stati attivi specialmente negli Stati
Uniti, insegnando e scrivendo libri in inglese, creandosi così un certo
seguito. In particolare va ricordato Du Weiming (spesso romanizzato anche come
Tu Wei-ming), discepolo di Mou Zongsan e docente della Harvard University,
che da decenni dialoga con gli ambienti accademici americani e ha contribuito
alla formazione di un circolo di studiosi, che si autodefiniscono Boston
Confucians.
Con la fine dell'epoca maoista, la Cina riprese i
contatti con l'estero e subito si avviarono anche scambi culturali. Fu allora
che Du Weiming venne invitato a tenere conferenze nelle principali Università
cinesi. Le sue conferenze furono l'occasione di una ricomparsa del
confucianesimo in generale negli ambienti accademici cinesi. In pochi anni il
movimento prese piede, specialmente fra la giovane generazione di docenti
universitari. Non sono ancora chiare le tendenze dominanti della nuova ondata
di pensiero confuciano in Cina. Probabilmente a prevalere è la linea di Mou
Zongsan, di ricerca di un equilibrio, con l'importazione di certi valori
occidentali su una matrice fondamentalmente confuciana; ma sono svariate le
direzioni che sta prendendo, da quelle che auspicano una fusione di marxismo e
confucianesimo a quelle che predicano un ritorno radicale alla tradizione
antica.
I NUOVI CONFUCIANI E LA RELIGIONE
All'inizio del secolo scorso i cinesi hanno importato
dall'Occidente, insieme con la scienza, anche lo scientismo, che poi ha imperversato
per tutto il secolo, e domina tuttora la mentalità cinese. La religione in Cina
era diventata sinonimo di superstizione e di cosa retrograda indegna di
esistere. Cresciuti in questo ambiente culturale, i nuovi confuciani della
prima generazione non dicevano che il confucianesimo era una religione. Dal
canto suo Xiong Shili, il metafisico della prima generazione, si prefiggeva di
riscoprire e ricostruire la base metafisica del confucianesimo. I suoi
discepoli, fra i quali Mou Zongsan e Tang Junyi sono i più rinomati, si sono
trovati, dopo il 1949, a
Hong Kong e Taiwan, spesso in dialogo con il cristianesimo, anzi in difesa del
confucianesimo dagli attacchi dei missionari protestanti e dei cattolici
seguaci della neoscolastica. Ecco allora che nelle loro opere si dilungano ad
approfondire certi problemi e a illustrare la base teologica del
confucianesimo. E, pur professandosi sempre filosofi, fanno intendere che il
confucianesimo per loro ha il ruolo né più né meno di una religione.
Che il confucianesimo sia anche una religione, o,
volendo dirlo in altri termini, che abbia indubbiamente il suo lato religioso,
si vede anche indirettamente dal fatto che i Boston Confucians più in
vista - come Robert Neville o John Berthrong - sono teologi di professione!
Essi ritengono di potere senza difficoltà proseguire la loro attività di
teologi (Robert Neville, affermato teologo metodista; John Berthrong, decano
della facoltà di teologia della Boston University), e contemporaneamente
professarsi seguaci del confucianesimo, una doppia appartenenza che in
verità già Matteo Ricci nel 1600 ammetteva per i suoi convertiti. In
futuro, se il confucianesimo continua a diffondersi come sta facendo,
senz'altro sarà sempre più un partner attivo nei dibattiti internazionali con
le altre religioni, e anche con il cristianesimo. È possibile allora che
tornino di attualità gli argomenti delle diatribe teologiche, che fecero sudare
molti teologi al tempo della controversia dei riti cinesi (secoli XVII-XVIII),
diatribe che non trovarono mai una soluzione, ma furono troncate da un ordine
perentorio del papa di non parlarne più, pena la scomunica.
Umberto
Bresciani