Settimana confuciana 24 febbraio 2013
Nel mondo occidentale la famiglia è entrata in crisi. Non solo ci sono
fenomeni nuovi come le cosiddette unioni
di fatto di vario tipo, ma addirittura ci sono persone che auspicano
l’abbandono definitivo dell’istituzione della famiglia e quindi del matrimonio
come cose inutili e obsolete, se non addirittura dannose.
Dalla piattaforma della cultura confuciana, una posizione ideologica di
questo genere pecca di estrema superficialità culturale. Infatti la cultura
cinese ha sempre attribuito enorme importanza al li, tradotto spesso con riti.
L’istituzione della famiglia, con i riti che la riguardano (vuoi il matrimonio
che le norme di comportamento, responsabilità, eccetera), secondo Confucio fa
parte integrante dell’esistenza umana.
Zhu Xi ha chiarito anche lui la cosa, quando ha affermato
che il principio origine dei riti è il Cielo, mentre le norme pratiche rituali
possono venire cambiate: in qualsiasi momento gli uomini possono cambiare i
loro rituali.” Il fondamento ultimo dei riti
è nientemeno che il volere del Cielo, che ha strutturato il cosmo e il genere
umano in un determinato modo da lui voluto.
Quindi
anche nel caso del matrimonio e della famiglia, le norme relative possono
essere esaminate, studiate, migliorate, corretti gli abusi e i difetti, ma non
cancellate. Quando non esiste più l’istituzione, l’umanità si trova nel vuoto,
cioè non è più umanità, si riduce al livello degli animali.
Anche Giambattista Vico (riprendendo un’idea dell’antichità classica)
riteneva che la civiltà umana fosse cominciata – come dice il Foscolo - da nozze, tribunali ed are. Togliendo
queste cose, la comunità umana si autodistrugge, ritorna allo stato ferino delle
origini. Insomma, come implicito nei discorsi confuciani, il li (riti, istituzioni civili) è ciò che
distingue l’uomo dagli animali. Senza il li
gli esseri umani non sono diversi dalle bestie e non possono certo riuscire a
raggiungere la felicità.
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